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lunedì 16 febbraio 2015

"La religione del capitale" di Paul Lafargue

La casa editrice Mimesis ha recentemente pubblicato la traduzione italiana di un'opera di Paul Lafargue, La religione del capitale (La religion du Capital, 1887). Operazione doppiamente meritoria: perché offre al pubblico italiano un testo premonitore dell'attuale fase globalizzata e totalitaria del capitalismo e perché riporta l'attenzione su un grande rivoluzionario dell'Ottocento.

L'autore inizia col descrivere un immaginario congresso internazionale svoltosi a Londra con la partecipazione della élite del mondo politico, industriale, finanziario ed ecclesiastico. Scopo dell'incontro è fermare la diffusione delle idee socialiste. Per riuscirci, occorre che si riconosca nel capitalismo una legge naturale e universale, una vera e propria religione, che sostituisca tutte le altre, con al centro il nuovo Dio, il Capitale appunto, cui tutti devono sottomettersi. Nei capitoli successivi l'autore ci sottopone una parte del “corpo dottrinale” elaborato dal congresso:Il catechismo dei lavoratori, Il sermone della cortigiana, L’Ecclesiaste o Il libro dei capitalisti, Preghiere capitaliste e Lamentazioni di Job Rothschild il capitalista.


La chiave ironica e grottesca del pamphlet non deve ingannare. Lafargue spiega bene come il capitalismo ha bisogno, per sopravvivere, di proporsi come ideologia totalizzante ed esclusiva, pervasiva di ogni aspetto della vita sociale e individuale, una forma religiosa appunto, un meccanismo di sottomissione psicologica e materiale al tempo stesso, che rende impossibile anche solo immaginare una prospettiva diversa.

E' interessante notare come la critica di Lafargue trovi una eco straordinaria in un denso frammento teorico di Walter Benjamin del 1921, Capitalismo come religione, dove “il capitalismo è presentato come una religione puramente cultuale, che tende a reiterare all’infinito un meccanismo di indebitamento e di colpevolizzazione da cui non può esserci scampo” (vedi il volume, anch'esso di recente pubblicazione, edito da Quodlibet, Il culto del capitale. Walter Benjamin:capitalismo e religione).

Paul Lafargue è l'autore di un altro pamphlet fondamentale, scritto in carcere, Il diritto alla pigrizia (Le droit à la paresse, 1880), forse il testo marxista più tradotto e diffuso dopo Il Manifesto di Marx-Engels, una critica radicale di ogni forma di etica del lavoro, dove si ribadisce che qualsiasi prospettiva di emancipazione non può prescindere dalla necessità di liberare l'uomo dal fardello del lavoro.

Il libro si apre con una citazione di Lessing (“Oziamo in tutte le cose, tranne quando amiamo e beviamo, tranne quando oziamo”) e prosegue così: “Una strana follia possiede le classi operaie delle nazioni dove regna la civiltà capitalistica. Questa follia trascina al suo seguito miserie individuali e sociali che da due secoli torturano la triste umanità. Questa follia è l'amore del lavoro, la passione mortale del lavoro, spinta fino all'esaurimento delle forze vitali dell'individuo e della sua progenie.

Nella visione politica di Paul Lafargue c'è una vena anarchica che lo rende speciale: lo stesso Marx lo definiva l'ultimo dei bakuninisti. Nasce a Santiago de Cuba nel 1842 da una famiglia in parte creola e in parte ebraica. Esiliato a Londra, conosce Marx e nel 1868 ne sposa la seconda figlia, Laura. Insieme alla moglie, è un formidabile propagandista del comunismo in Francia e Spagna. Attivista della Prima Internazionale, prende parte alla Comune di Parigi ed è tra i fondatori del Partito operaio francese. Nel 1896 Laura riceve in eredità una parte della fortuna di Engels e i due coniugi si ritirano in campagna, nei pressi di Parigi, pur continuando la battaglia politica.


La sera del 26 novembre 1911, dopo essere stati in città a vedere un film, Laura e Paul Lafargue si suicidano con una iniezione di acido cianidrico. Nel testamento Lafargue lascia scritto: “Sano di corpo e di spirito, mi uccido prima che l'impietosa vecchiaia mi tolga uno a uno i piaceri e le gioie dell'esistenza e mi spogli delle forze fisiche e intellettuali. Affinché la vecchiaia non paralizzi la mia energia, non spezzi la mia volontà e non mi renda un peso per me e per gli altri.”

Laura e Paul sono sepolti al Père Lachaise, presso il cosiddetto Muro dei federati, dove il 28 maggio 1871, durante la repressione della Comune, centinaia di insorti
furono fucilati e sepolti in una fossa comune.