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venerdì 13 marzo 2015

Dai curdi una lezione di democrazia dal basso

La vittoria delle Forze di autodifesa curde (YPG) sulle bande dell'ISIS a Kobane ha portato all'attenzione dei media occidentali la guerra di resistenza del popolo curdo nella regione di Rojava, nel nord della Siria, di fatto autonoma dal regime siriano da diversi anni. Stretta tra l'ISIS al sud e la Turchia al nord (che ha chiuso la frontiera determinando una situazione di embargo), la regione è governata da una coalizione di partiti tra i quali spicca come forza maggiore il Partito d'Unione Democratica (PYD), ala siriana del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK).

Ma in cosa consista questo governo è assai meno noto. Pur nel difficile contesto di una guerra, i curdi stanno provando a costruire un modello di democrazia dal basso fondato su assemblee autonome, in una strutturazione a piramide, dove conta il voto individuale indipendentemente dall'etnia, dalla religione o dal genere. Le decisioni relative all'economia, alla sicurezza, alla giustizia ecc. passano attraverso queste assemblee. Un modello politico-organizzativo dove, peraltro, le donne, che si sono distinte anche sul terreno militare, hanno un ruolo centrale.

Tutto comincia dalla svolta ideologica impressa dal leader indiscusso del PKK Abdullah Ocalan. Catturato nel 1999 a Nairobi, proveniente da Roma, fu condannato a morte; successivamente la pena fu commutata in ergastolo quando la Turchia, sotto la spinta dell'Europa, abolì la pena di morte. Il caso fece scalpore anche in Italia. Il governo D'Alema infatti si rifiutò di concedergli l'asilo politico, costringendolo a partire. Attualmente il leader del PKK è detenuto nell'isola-prigione di Imrali, nel Mar di Marmara.

Nell'isolamento carcerario, Ocalan ha messo in discussione le radici marxiste-leniniste della propria ideologia, sotto l'influsso in particolare delle teorie dell'anarchico americano Murray Bookchin, proponendo quello che definisce un "confederalismo democratico", dove la soluzione del problema curdo all'interno della Turchia si prospetta attraverso una democratizzazione dal basso della società, aperta a tutte le etnie con, in prospettiva, una rottura degli stessi confini statali in Medio Oriente, in gran parte artificiali.

Murray Bookchin è un anarchico americano, anche lui con giovanili radici marxiste. A partire dagli anni Cinquanta egli sviluppa una riflessione molto originale lungo due direttrici: l'ecologia sociale, per la quale i problemi ambientali hanno radice nella mancata soluzione dei problemi sociali all'interno del capitalismo; e il municipalismo libertario, con un tentativo di elaborare una teoria e una prassi di democrazia assembleare.

Una strana coppia quella di Ocalan e di Murray, l'ex guerrigliero marxista-leninista e l'anarchico ecologista e strenuamente libertario. Nel 2004 Ocalan fece contattare Murray dai suoi avvocati ma lui, già malato, non riuscì a incontrarlo. Morì due anni dopo. In diverse assemblee generali il PKK ha reso omaggio a Murray e al suo pensiero.

Insomma, sembrerebbe che i curdi abbiano intrapreso una strada volta a superare al tempo stesso il vecchio modello del socialismo statalista e autoritario e quello altrettanto vecchio della ormai corrotta democrazia rappresentativa. Una grande lezione per tutti.